Un colosso della pirateria cade sotto i colpi di un’operazione globale. La lotta contro i pirati dello streaming entra in una nuova fase, con un segnale forte a tutela di chi investe nello sport
Il mondo dello sport festeggia la caduta di un gigante scomodo. Dopo mesi di lavoro, Streameast, considerata la più grande piattaforma di streaming illegale al mondo, è stata smantellata.
A condurre l’operazione è stata un’organizzazione statunitense specializzata nella lotta alla pirateria, che domenica 24 agosto ha chiuso i giochi grazie al supporto delle autorità egiziane.
Si tratta di un intervento che segna un passaggio importante: per anni Streameast ha garantito accesso gratuito a eventi seguitissimi, dalla Premier League alla Champions League, passando per NFL, NBA e MLB. Una libreria sterminata che ha attratto milioni di utenti in ogni angolo del globo.
Il giro era impressionante: una rete di circa 80 domini non autorizzati che nell’ultimo anno ha totalizzato oltre 1,6 miliardi di visite. La media mensile superava i 130 milioni di accessi, con utenti provenienti soprattutto da Stati Uniti, Canada, Regno Unito, Germania e Filippine.
La chiusura ha portato anche all’arresto di due uomini, fermati a El-Sheikh Zaid, in Egitto, con l’accusa di violazione del copyright. Nel blitz sono stati sequestrati computer, smartphone, denaro contante e carte di credito, strumenti fondamentali per tenere in piedi l’intera macchina pirata.
Tra chi ha salutato con entusiasmo la fine di Streameast c’è DAZN. Il COO Ed McCarthy ha parlato apertamente di “una vittoria per l’ecosistema dello sport in diretta”, sottolineando come operazioni simili difendano gli investimenti e proteggano i tifosi da rischi spesso sottovalutati.
L’indagine è stata portata avanti anche con il supporto di ACE (Alliance for Creativity and Entertainment), una coalizione che riunisce oltre 50 giganti dell’intrattenimento tra cui Amazon, Apple TV+, Netflix e Paramount.
La rete ha collaborato con Europol, con il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti e con altre agenzie internazionali. Nel corso delle verifiche sono emerse anche società fittizie con sede negli Emirati Arabi, utilizzate per incassare introiti pubblicitari e generare ricavi per milioni di dollari.
La vicenda Streameast mostra quanto il fenomeno della pirateria digitale resti radicato. Non riguarda solo lo sport, ma incide sull’intero sistema dell’intrattenimento. In Italia, ad esempio, è stato introdotto il Piracy Shield, lo strumento che permette ad AGCOM di oscurare in meno di mezz’ora i siti sospetti.
Proprio di recente è stata disattivata una rete che contava oltre 22 milioni di utenti, capace di produrre circa 3 miliardi di euro di giro d’affari illecito in un solo anno. Segnale che la battaglia è tutt’altro che chiusa, ma che la strada intrapresa sta iniziando a dare risultati concreti.
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